Un fanalino di coda

Auto elettrica, siamo il fanalino di coda europeo: un immobilismo che si paga con inquinamento e sicurezza

di Giorgio Ursicino
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È tempo di eventi epocali e pure imprevedibili. Drastici e dolorosi. Fra questi, qualcuno è giustamente passato in secondo piano. Per carità, non si tratta di uno scossone enorme. Riguarda un processo evolutivo che, per mostrare il suo vero volto, richiederà degli anni. Fortunatamente, fra tanta incertezza, è positivo per tutti. Soprattutto per il pianeta che, di solito, trattiamo parecchio male. Che la mutazione sia d’impatto lo testimonia un fatto: riguarda la vita della gente. Addirittura il progresso dell’umanità. Nei giorni che verranno cambierà radicalmente il modo di spostarsi e quindi di vivere. Ci sarà una rivoluzione nella mobilità individuale a livello planetario. Diventerà rispettosa dell’ambiente e, soprattutto, molto più sicura e connessa, trasformando i veicoli in bolle accoglienti in cui è possibile svagarsi e pure lavorare. Ci pensate, per andare da una parte all’altra non si perderà più tempo. Sarà come stare a casuccia o sul posto di lavoro.

Guida autonoma, software avanzato, trasmissione dati, fino a sfociare nell’intelligenza artificiale che consentirà di assaporare un’esperienza tutta nuova. Una fetta di questa giravolta si è già concretizzata. Il cambiamento, però, in gran parte deve ancora sbocciare, è pronto ad infiammarsi sotto la cenere. I giganti del settore l’hanno già preparato, investendo sull’argomento quasi tutte le risorse umane e finanziare nell’ultimo periodo. Un cambio di passo stimolato dalla transizione energetica che esige fonti rinnovabili al posto dei fossili e degli idrocarburi in modo da far circolare, quando si chiuderà il cerchio, solo energia pulita. L’automotive, questa volta, si è fatta trovare pronta, con la risposta giusta e una tecnologia in grado di attuarla. È la mobilità elettrica, con il propulsore ad elettroni esuberante e privo di emissioni che, per ora, può contare su batterie dalla capacità sorprendente e un domani, perché no, anche sull’idrogeno disponibile in grandi quantità e totalmente riciclabile.

In questo salto virtuoso l’Europa, a torto o a ragione, ha deciso di fare l’apripista. Com’è nel suo ruolo e nella tradizione millenaria. Imprevisti permettendo (pare siano sempre all’ordine del giorno...) diventeremo totalmente decarbonizzati nel 2050 e acquisteremo l’ultima vettura equipaggiata con motore endotermico nel 2035. I costruttori, con entusiasmo, hanno sposato la causa (il futuro è meglio del passato) e, chi più chi meno, hanno anticipato la data, addirittura a prima del 2030. Bruxelles, con l’appoggio convinto di tutti gli Stati membri, ha deciso che sul rispetto ambientale siamo perfettamente d’accordo con la visione di Papa Francesco. In Italia, come spesso avviene, ci siamo un po’ “distratti”. Rispettosi dei principi che contano, ma un po’ lenti ad attuare le direttive. Per mesi da noi è andato di moda perfino il toto-previsioni: esperti di tutti i tipi si sfidavano a dare i numeri.

Meglio il 2030, il 2035 o il 2040? Tempo perso. Aria fritta. Il percorso è ormai tracciato nella roccia e 5 anni in più o in meno non cambieranno lo scenario. Deciderà chi ha il potere e le competenze per farlo. È invece maledettamente importante che la Penisola stia nel gruppo di testa. Per dare una svolta e, il più rapidamente possibile, aria respirabile al Belpaese fornendo pure un aiuto per abbassare la temperatura del globo. Quale occasione migliore di questa per un colpo di reni? Siamo o non siamo i maestri storici dei motori? La Motor Valley e la Ferrari sono sempre in Italia? Invece, a prescindere da cosa accadrà fra un decennio, per ora andiamo maluccio sulla strada dell’innovazione. I numeri, come spesso avviene, sono impietosi, una fotografia difficile da cancellare. Invece che drammatizzare il futuro, dovremo preoccuparci di affrontare nel modo giusto il presente.

Per avere certezza di questa situazione non serve fare grandi proiezioni o interpretare analisti super esperti, è sufficiente buttare un occhio ai dati di vendita di quest’anno o, al limite, a quelli dell’intero 2021. Il consuntivo dello scorso esercizio parla chiaro: nell’Unione Europea più il Regno Unito ed i paesi Efta sono state immatricolate “appena” 11.778.029 vetture, l’1,5% in meno rispetto al 2020, l’anno della catastrofe, quando il supermarket automotive rimase serrato in tutto il continente per diverse settimane. Incredibile. Ebbene, in questo periodo le elettriche sono crescite del 63,8%, le ibride plug-in addirittura del 68,5%. Le auto a benzina, invece, sono crollate del 17,4% e quelle diesel del 33,1%, arrivando ad una quota di appena il 17,6%, inferiore alle auto con la spina.

Nell’ultimo mese, febbraio, la vendita di vetture ricaricabili (le uniche considerate ecologiche perché possono viaggiare a energia pulita) in Germania ha toccato il 24,9% e nel Regno Unito addirittura il 25,6%. La percentuale ha superato il 20% anche in Francia e ormai viaggia a doppia cifra pure in Spagna. E l’Italia? Inchiodata al 7,7%, con rispettivamente il 2,8% per le “full electric” e il 4,9% per le hybrid plug-in. Negli altri 4 grandi mercati la media di queste categorie è rispettivamente del 12,5% e del 9,1%. Il confronto è impietoso. Se fossimo responsabili ci porremmo il problema. Una delle cause di tanto disastro è stata la gestione un po’ ondivaga degli incentivi applicati a singhiozzo invece che in modo strutturale.

Ma un contributo al mancato decollo l’ha dato anche la rete di ricarica quantomeno in ritardo e non sufficiente per viaggiare senza l’ansia d’autonomia. I nostri automobilisti e, la nostra mobilità, oltre al danno, incassano anche la beffa. Le vetture termiche, mediamente, sono anche meno tecnologiche e meno sicure di quelle elettriche. Le nuove piattaforme, infatti, sono tutte ad elettroni e solo loro possono accogliere le moderne architetture di software e connettività. Invece di preoccuparci di quando andranno in pensione le vetture con motore a scoppio, conviene avvicinarci ai paesi con cui dovremmo competere per non doverci lamentare quando ormai è troppo tardi.

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Giovedì 31 Marzo 2022 - Ultimo aggiornamento: 30-06-2022 17:07 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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