WEC, 6 Ore del Fuji: Porsche vince e vede il titolo, Ferrari si impone in LMGT3
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Se dici Porsche dici 911, e se dici 911 dici Turbo. Un sillogismo nato esattamente 50 anni fa per un compleanno. Ed è quello di una signora di nome Louise che il 29 agosto del 1974 compiva 70 anni. Niente di strano se questa signora non facesse di cognome Piëch e avesse un Ferdinand come figlio e uno come padre. Il primo era il geniale tecnico e manager che ha tenuto unite la storia di Zuffenhausen a quella della Volkswagen, il secondo era il fondatore della Porsche. A confezionare questo prezioso presente pensò l’azienda di famiglia partendo da una 911 con motore 2,7 litri raffreddato ad aria applicandovi un turbocompressore KKK e quell’enorme alettone incorporato al cofano motore che ancora oggi identifica le 911 Turbo e allora fu ispirato dai prototipi a coda lunga con la quale Porsche aveva iniziato a dominare le gare di durata, come la mostruosa 917/30 Can Am con il suo 12 cilindri boxer 5.4 da quasi 1.600 cv.
A dispetto del modello di serie, che sarebbe stato introdotto sul mercato ufficialmente un anno dopo con il motore 3 litri, i parafanghi della 911 offerta in omaggio a Frau Piëch-Porsche erano quelli snelli della Carrera. Gli interni invece erano in Tartan, una scelta che non aveva niente a che fare con le origini boeme del padre né con quelle austriache del marito, il signor Anton Piëch, avvocato viennese che nel 1952 l’aveva lasciata vedova con molti affari da seguire, sia commerciali sia industriali, per la Porsche. La signora Louise poi aveva corso dall’età di 14 anni, dunque di macchine se ne intendeva e guidava solo Porsche, ma volle che la scritta Turbo fosse rimosa e apprezzò invece molto quella stoffa scozzese che sarebbe diventata di lì a poco un contrassegno distintivo anche per un’altra illustre auto sportiva tedesca: la Golf GTI. Quel che è sicuro è che, da allora in poi Turbo vuol dire Porsche e significa prestazioni tanto che ogni modello della Cavallina ha una versione denominata Turbo, persino le elettriche Taycan e Macan. Turbo è dunque uno spirito prima che un dispositivo meccanico che deve essere assaggiato alla fonte primigenia, ovvero la 911 Turbo serie 930 del 1975 conservata dalla Porsche nei propri magazzini. La chiave è sulla sinistra, si gira e il minimo è la tremula oscillazione di un’onda. Giù la frizione, dentro la prima di quattro marce e il viaggio nel tempo può iniziare.
Il 6-boxer sembra che ansimi mentre va a spasso, ma poi si preme di più l’acceleratore aspettando che il contagiri arrivi al 4 ed ecco che la spinta si moltiplica e le cateratte dei cavalli si aprono. Sono solo 260, ma per come arrivano e per i meno di 1.200 kg di peso sembrano molti di più. Tutto è così comunicativo, meccanico, impegnativo e proprio per questo coinvolgente. Vibrazioni che arrivano al cuore e alla testa, capaci di suscitare emozioni e ammirazione per tutta la sapienza automobilistica infusa da uomini che hanno creato miti come questo.