Juan Manuel Fangio su un'Alfa Romeo nel Gp d'Inghilterra nel 1950

Show di Biscione e Quadrifoglio, due vere gemme del motorsport Alfa Romeo

di Giorgio Ursicino
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DUBAI - Se è vero come è vero che la storia non ha prezzo, il rilancio dell’Alfa ha basi solidissime. Il mito vanta radici antiche e una luce unica soprattutto nel campo delle competizioni. Per tutta la prima metà del secolo scorso il Biscione della casa milanese è stato il brand da battere nei circuiti dell’intero pianeta e riuscire nell’impresa non era affatto facile, nemmeno per i britannici e i tedeschi da sempre maestri delle corse.
 

Certo è cosa nota, ma vale la pena ricordare che per quasi un ventennio la Scuderia dell’ingegner Ferrari ha fatto correre le Alfa e l’azienda, in qualche modo, può essere considerata la mamma del Cavallino. Le Alfa Romeo erano nate per correre ed erano artigianali, degli autentici gioielli di grande valore che, nei modelli più significativi, possono essere ammirati al museo di Arese. Capolavori che dal 1923 sfoggiano anche il quadrifoglio sulla carrozzeria.

La casa tricolore nel 1925 ha vinto il primo Campionato del mondo trionfando su piste mitiche come Spa e Monza. Da favola il palmares nelle gare più importanti dell’epoca, la Targa Florio, la Mille Miglia, la 24 Ore di Le Mans. Il Biscione ha trionfato per ben 10 volte (in totale 30 podi) nelle stradine siciliane delle Madonie, in 11 occasioni (un record) ha conquistato la Freccia Rossa che attraversava l’Italia, in 9 delle quali ha monopolizzato l’intero podio (“triplete”). Per 4 anni di fila (dal 1931 al 1934) è arrivata prima anche in Francia, nella corsa di durata più importante. Il pilota che più ha legato le sue imprese all’Alfa è Tazio Nuvolari capace di vincere con i bolidi rossi tutte e tre le prestigiose competizioni. Ma il mantovano volante l’impresa più eroica con l’Alfa l’ha scritta nel 1935, nella Germania che si preparava alla guerra. Sotto l’acqua sulla diabolica pista del Nurburgring Tazio sfidò con la P3 lo squadrone tedesco composto da 5 Mercedes e 4 Auto Union, mostri che avevano almeno 100 cavalli in più della vettura italiana.

Con una rimonta da favola dopo una lunga sosta ai box, Nuvolari passò per primo sotto la bandiera a scacchi davanti a 300 mila spettatori fra i quali c’era Adolf Hitler e numerosi ufficiali nazisti. Su quella stessa pista le Alfa hanno scritto altre imprese, nel 1993 quando Nicola Larini vinse il DTM con la 155 o, più recentemente, quando le versioni Quadrifoglio di Giulia e Stelvio hanno stabilito i nuovi rispettivi record per i modelli di serie delle berline e dei Suv. Alfa Romeo, scusate se è poco, è anche il costruttore che ha vinto i primi due Campionati del Mondo di F1, nel 1950 con Farina e nel 1951 con Fangio.

Il sangue nobile passato da Alfa a Ferrari sta in parte tornando indietro. Hanno dato un contributo fondamentale a realizzare numerose supercar del Cavallino due ingegneri simbolo della Motor Valley che ora progettano le Alfa. Roberto Fedeli, già capo del settore tecnico a Maranello ora ha la stessa responsabilità in Alfa Maserati a Modena; Gianluca Pivetti inventa invece i supermotori come prima faceva in Ferrari. Con tecnici così, invidiati da costruttori di tutto il mondo, è scontato che l’Alfa vuole ripartire dall’alto.
 

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Martedì 26 Dicembre 2017 - Ultimo aggiornamento: 17:07 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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